MENU

Ferrari Agostino (1869-1935)

Nasce nel 1869 a Torino e svolge la professione di medico. Nel 1929 propone all’amico Adolfo Balliano la costituzione di un gruppo di alpinisti-scrittori, il GISM, per offrire un’alternativa al CAAI. Muore nel 1935. Si ricorda per: la prima ascensione della Cima Ortetti; la prima ascensione dell’Aiguille de l’Aigle (1898) con Laurent Bertholier e Felix Ollier; la salita della parete Sud del Mont Blanc du Tacul (1902), tracciando la via Croux, con Adolfo Hess, Flavio Santi, Laurent Croux, Louis Mussillon, Joseph Brocherel e Alexis Bertod. È l’autore di: Aiguille de Triolet: m. 3876. Catena del Monte Bianco, Torino, Club Alpino Italiano, 1899; Il Mont Blanc du Tacul: nuove ascensioni, Torino, Club Alpino Italiano, 1904 (con Adolfo Hess); I rifugi del Club Alpino Italiano. Storia e descrizione illustrata, con elenco dei rifugi costruiti in Italia da altre società, Torino, Club Alpino italiano, 1905; La valle di Viù. Impressioni e ricordi di escursioni. Storia e leggende - usi e costumi, Torino, Lattes & C., 1912; Nella Catena del Monte Bianco. Impressioni e ricordi di ascensioni. Storia e descrizione, Torino, Club Alpino Italiano, 1912; I rifugi alpini d’Italia, Monza, SUCAI, 1925; Nella gloria delle altezze. Impressioni e ricordi di ascensioni nei dintorni di Ceresole, Valsavaranche e Cogne, Torino, Casanova & C., 1931. 

 

Titolo: La Valle di Viù. Impressioni e ricordi di escursioni storia e leggende – usi e costumi

Luogo di edizione: Torino

Casa editrice: Lattes & C.  

Anno di pubblicazione: 1912

 

Nella prefazione l’autore espone l’argomento del suo compendio di narrazioni ascensionali, vale a dire le visite e le scalate compiute nella Valle di Viù, senza guida, dal 1870 al 1890. «Senza alcuna velleità letteraria» (p. VII), quindi, Ferrari presenta la sua opera come un bacino di ricordi giovanili legati a un luogo montano a lui tanto caro. Una volta raccontato il tragitto da Lanzo a Viù effettuato in diligenza e descritto i pittoreschi paesaggi delle Alpi Graie, Ferrari narra l’escursione al Col del Lis e le ascensioni al Monte Arpone, al Monte Colombano, al Monte Basso, al Monte Civrari, al Colombardo e al Monte Grifone compiute insieme ad un amico. Dopodiché, l’autore condivide con il lettore le emozioni provate nel 1879, insieme al padre, sull’Uja di Calcante ‒ la vera «prima prova di montagna […] che fu tutt’altro che brillante» (p. 49) ‒, dove torna molti anni dopo con una brigata composta sia da ragazzi che da ragazze. Seguono le scalate alla Rocca Moross, alla Punta Pianfum, al Monte Cerionda, al Monte Ciarm e alla Cima Montù, alla Cima Rossa, ai Monti Ciorneva e al Chiavesso. Allontanandosi leggermente dal bacino di Viù, Ferrari, un amico e il montanaro Pilade scalano la Becca di Nona, affrontando qualche difficoltà, così come per ascendere la Torre d’Ovarda. Convinto di essere il primo ad averle scalate, l’autore dedica ampio spazio alle ascensioni della Punta Lera e della Croce Rossa. L’ascensione al Roccamelone, su cui apre una nuova via, e la storia di questa montagna, nonché delle sue genti, occupa un lungo capitolo che precede il racconto piuttosto rapido di altre scalate nella zona. Il volume si conclude con la narrazione di alcune prime ascensioni alla Punta del Favre, alla Punta dell’Autaret, alla Punta Lose Nere, alla Punta Valletta, alla Punta Soulà e di una traversata alla Punta d’Arnas.

Lunghe e dettagliate sono le descrizioni delle vedute ‒ «diversi quadri […] oggi si svolsero ai nostri occhi» (p. 47) ‒ di cui può godere dalle cime, mentre ben poco si sofferma sui passaggi della scalata. La prosa di Ferrari è involuta e dai toni solenni, mentre il lessico è tendenzialmente comune anche se in certe descrizioni è più ricercato. Arrampica indossando scarponi ferrati e utilizzando la corda e la piccozza. Ciò che emerge dalla lettura, è che l’interesse alpinistico di Ferrari è prettamente contemplativo, come testimoniano le numerose descrizioni paesaggistiche. Scevro dallo spirito competitivo, afferma «d’aver sempre provato un piacere tutto particolare nel compiere gite facili che alcuni alpinisti sdegnano» (p. 69) e di ritenere preferibile «il salire tranquillamente, senza preoccupazioni né la continua apprensione del come si discenderà» (Ibidem). Ama «le Alpi e le sue emozioni, perché la vita in città si conduce sempre uguale e monotona. Ma, francamente, certe cose, come quella di rischiare l’integrità del proprio individuo, sono di un gusto artistico assai discutibile per un prudente, assennato alpinista» (p. 164).

 

[Clementina Greco, 30 ottobre 2025]

Ultimo aggiornamento

14.11.2025

Cookie

I cookie di questo sito servono al suo corretto funzionamento e non raccolgono alcuna tua informazione personale. Se navighi su di esso accetti la loro presenza.  Maggiori informazioni