Nasce nel 1877. Entra a far parte del Club Alpino Accademico Italiano. Muore nel 1940. Si ricorda per la prima ascensione della Brèche Nord des Dames Anglaises (1914) con Francesco Ravelli, Alberto Zanutti e i Gugliermina e la conquista del Picco Gugliermina. Scrive Vette. Ricordi di esplorazioni e nuove ascensioni sulle Alpi, nei gruppi del Monte Rosa, del Cervino e del Monte Bianco dal 1896 al 1921, Varallo, Sezione di Varallo del Club Alpino Italiano, 1927 (con Giuseppe Fortunato Gugliermina e Giovanni Battista Gugliermina).
Titolo: Vette. Ricordi di esplorazioni e nuove ascensioni sulle Alpi, nei gruppi del Monte Rosa, del Cervino e del Monte Bianco dal 1896 al 1921
Luogo di edizione: Varallo
Casa editrice: Sezione di Varallo del Club Alpino Italiano
Anno di pubblicazione: 1927
Il volume è un fototesto contenente cinquantotto fotoincisioni calcografiche stampate su tavole fuori testo. Nella prefazione, si legge come, ben lungi dall’essere «invasati a pieno dal furor scribendi» (pp. nn) di cui parla Mummery, gli autori del volume intendano con esso raccogliere le loro memorie alpinistiche senza avere pretese né letterarie né artistiche. Il testo è costituito da due parti così intitolate: Nella regione del Monte Rosa e del Cervino e Nella catena del Monte Bianco, i cui capitoli non sono scritti a sei mani, come risulta dalle firme. Lampugnani inizia raccontando gli antefatti alpinistici legati alla Punta Gnifetti, al Sesia Joch, alla Punta Parrot, al Passo Ippolita, al Colle Zurbriggen e ad altri punti di riferimento appartenenti al massiccio del Monte Rosa. Dopodiché, Giuseppe Gugliermina riporta i dettagli dell’ascensione al Colle Vincent compiuta nel 1896 grazie a Matthias Zurbriggen, una guida svizzera talmente affidabile e professionale da essere definita «maestro dell’arte» (p. 14). Coinvolgente è la descrizione naturalistica il cui «spettacolo» (p. 16), afferma l’autore, «ci estasia e muti, affascinati, ci par di sentire tremare il cuore in gioia infinita» (Ibidem). La narrazione prosegue con il racconto, tra gli altri, della conquista della Punta Gnifetti, la prima traversata del Colle Zurbriggen ‒ compresi i tentativi falliti tra il 1897 e il 1898 ‒, le ascensioni alla Punta Parrot, quella alla Punta Giordani, la prima salita per la parete sud-ovest del Lyskamm orientale, la prima salita alla Punta Grober per la cresta di Flua nonché l’esplorazione della cresta sud del Picco Tyndall sul Cervino. La seconda parte del volume ripercorre una serie scalate compiute presso il Monte Bianco, come la prima traversata del Col de l’Aiguille Verte e, ovviamente, la conquista della Punta poi denominata, su iniziativa di Francesco Ravelli, Gugliermina, in onore dei due fratelli alpinisti. Tra i compagni di cordata più assidui, si annoverano Natale Schiavi, il citato Ravelli, Ettore Canzio e Giuseppe Alliata, mentre si rilevano l’incontro con Julius Kugy, che rivolge loro «espansivi complimenti» (p. 305), e qualche avventura con Ugo De Amicis. Le ascensioni non vengono raccontate in ordine cronologico quanto piuttosto secondo un criterio geografico. Numerose sono le riflessioni da parte degli autori riguardo alle sensazioni avvertite sulle vette dove, scrive Lampugnani, «noi sospendiamo gli animi nell’infinito» (p. 135). Interessante come nel secondo capitolo lo stesso riporti le fasi della costruzione della capanna Gnifetti fino all’«ultimo bell’edificio, quello che dice ai colleghi di tutta Italia l’affetto della nostra Sezione del Club Alpino» (p. 47).
La scrittura di Lampugnani è elegante e articolata, mentre quella dei fratelli Gugliermina è tendenzialmente paratattica e dal linguaggio più semplice. Gli autori del volume compiono le ascensioni, dopo un’attenta preparazione dell’itinerario con l’ausilio di carte topografiche e fotografie, utilizzando le piccozze, i ramponi e le corde di manilla. Hanno una rilevanza particolare, inoltre, i libri e gli articoli dei cosiddetti pionieri dell’alpinismo, ricordati con rispetto e ammirazione nel corso del volume, come testimoniano le numerose citazioni. Il senso del loro alpinismo viene chiarito in più passi del volume e viene descritto attraverso lo schema narrativo della lotta e della conquista: dapprima i protagonisti studiano il rivale, ovverosia la montagna, poi intraprendono l’ascensione che nasconde insidie e pericoli e, infine, conquistano la vetta. Si legge, per esempio, in occasione della scalata al Colle Vincent: «Ancora una volta il pigmeo ha vinto il gigante e la montagna è domata. L’uomo che in nessun luogo mai sente come tra queste immense ghiacciate solitudini il suo effimero nulla, nella sua piccolezza si esalta superbo di aver lottato contro la selvaggia natura e d’aver vinto!» (p. 26). Giuseppe Gugliermina, inoltre, nel dodicesimo capitolo, dedicato all’ascensione del Monte Bianco per la cresta dell’Innominata del 1921, commenta così le nuove tendenze nel settore alpinistico: «se il temperamento dell’alpinista è animato da un certo qual spirito d’avventura ed il suo amore per la montagna non sente certi assilli e non è preoccupato da manìa di formule nuove di pratica alpinistica o dalla smania dei “records”, smania che turba il gaudio sereno della contemplazione e che soffoca una delle più alte ragioni dell’alpinismo, cioè il gustare e vivere la montagna per la montagna e per sé solo, [non vi è] nulla di più bello e poetico di un alto bivacco» (p. 248).
[Clementina Greco, 2 aprile 2025]
Ultimo aggiornamento
08.07.2025